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La Spiaggia

La corretta gestione dei litorali passa necessariamente attraverso la conoscenza approfondita sia delle leggi naturali che ne regolano l'equilibrio che nello stato in cui si trovano. Ogni spiaggia, come tutti gli elementi geomorfologici, altro non è che il risultato dei molti fattori, spesso antagonisti fra loro, che giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, ne modellano la forma. "Leggere" una spiaggia vuol dire appunto studiarne la forma e, attraverso questa, capire la sua storia, individuare i fattori che ne condizionano lo stato attuale e prevedere quale potrà essere la sua vita futura. Non è sufficiente però cominciare questo studio dalla battigia perché la spiaggia prosegue anche in mare, ed è proprio qui che agiscono quelle forze che più delle altre condizionano il suo equilibrio. Sono infatti le onde che, con il loro lavoro continuo, talvolta quasi delicato, altrimenti violento e burrascoso, modellano il profilo di una spiaggia dal largo fino ai piedi delle dune.

L'azione delle onde

In un'onda l'acqua si muove, non tanto verso costa, quanto in orbite circolari sempre più strette dalla superficie verso il fondo; ad una profondità grosso modo pari alla lunghezza dell'onda (distanza fra due creste successive) il movimento dell'acqua diviene pressoché nullo. Via via che l'onda si avvicina alla costa trova fondali sempre più bassi e il movimento circolare viene ostacolato dall'attrito con il fondo; le orbite, che in prossimità della superficie non vengono modificate, scendendo verso il fondo si trasformano in ellissi sempre più schiacciate finchè a contatto con il fondo l'acqua si muove solo in avanti e indietro al passaggio delle onde. Lo spostamento dei granelli di sabbia e dei detriti di alghe che osserviamo nuotando sott'acqua ci dà la misura di questo movimento, responsabile fra l'altro della formazione di quelle piccole increspature della sabbia sul fondo. Non frenata dagli attriti, la parte superiore dell'onda prosegue la sua corsa verso la costa deformandosi progressivamente finchè la cresta non si trova troppo avanzata rispetto all'acqua sottostante che deve sostenerla: l'acqua ricade in avanti dando luogo ai frangenti.

La spiaggia sommersa

Dalla linea dei frangenti fino a riva si ha quindi, negli strati superiori, uno spostamento dell'acqua verso la costa che diventa imponente durante le forti mareggiate invernali. Per l'azione di bilancio di massa l'acqua, scorrendo sul fondo, dalla zona più vicina alla battigia si porta verso il largo trasportando con sé una grande quantità di sabbia. Nella fascia dei frangenti il movimento tende ad annullarsi e la sabbia fin qui trasportata viene abbandonata sul fondo dando luogo ad un cordone sommerso longitudinale alla costa (la barra). Durante le mareggiate più forti si possono osservare più linee di frangenti al di sotto delle quali è possibile ora immaginare la presenza di barre che, formando un brusco scalino sul profilo sommerso della spiaggia, impongono ad un gran numero di onde di frangere proprio in quel punto, innescando fra l'altro un processo di autoalimentazione delle barre stesse. Le barre costituiscono anche una difesa della spiaggia contro le onde più forti: l'energia che queste trasportano, e che attaccherebbe violentemente la riva, viene filtrata dalle barre e dispersa su di un tratto di fondo maggiore. Con il ritorno della bella stagione le onde diventano più appiattite, non frangono che in prossimità della riva e possono riportare verso costa quei materiali che nel periodo invernale se ne erano allontanati. Le barre iniziano infatti il loro movimento verso riva e spesso è possibile vederle emergere in prossimità della battigia dalla quale sono separate da uno stretto canale che piano piano si riempie con la sabbia che le onde prelevano dalla cresta della barra. Vi è così una differenza sostanziale fra il profilo di una spiaggia in inverno ed in estate: in inverno la parte emersa è stretta poiché parte della sabbia si è trasferita sotto forma di barre nei fondali antistanti; in estate la spiaggia emersa è più larga, la battigia è più ripida, e al largo vi sono poche o piccolissime barre. Ma anche l'uomo spesso interviene in questi mutamenti stagionali: davanti agli stabilimenti balneari, in primavera, viene setacciata la sabbia e spianato il profilo della spiaggia che perde così il suo aspetto naturale. Procedendo nella nostra "lettura" verso la spiaggia emersa incontriamo quel punto in cui frangono anche le onde più piccole che scavano uno scalino di pochi centimetri (solco di battigia) al cui piede vi è generalmente della sabbia più grossolana o dei frammenti di conchiglie; la sabbia più fine non riesce a rimanere in questo punto proprio a causa dell'energia di queste piccole onde.

La spiaggia emersa

Superato questo scalino siamo sulla battigia e, vedendo spiagge diverse, sarà possibile osservare che la sua pendenza è tanto maggiore quanto maggiori sono le dimensioni del materiale che costituisce la spiaggia. Al limite superiore della battigia la pendenza aumenta ancora un po' fino a raggiungere la cresta della berma. E' qui che le onde trascinano i granelli di sabbia, le conchiglie e i pezzetti di legno e poiché l'acqua che scende sulla battigia viene in parte assorbita dalla sabbia, la sua capacità di riportare indietro tutto questo materiale viene ridotta e la berma si accresce mentre la sua cresta si alza fino a che le onde non riescano a raggiungerla. Spesso dopo la berma ordinaria, ossia quella in equilibrio con l'attuale stato del mare, è possibile trovare più all'interno delle creste di berme di tempesta, più alte e modellate dalle onde maggiori quanto queste attaccavano la spiaggia. Lungo il nostro profilo si incontrano così diversi scalini, magari smussati dal vento o da chi ha camminato sulla spiaggia.

Le dune

Il moto ondoso non è solo agente modellatore di una spiaggia anche se è certamente, almeno nella nostra regione, il più potente. Anche il vento dà il suo contributo a rimodellare le forme create dal mare e a farne delle sue proprie. Sono delle piccole ondulazioni più o meno perpendicolari alla direzione del vento che è possibile osservare dopo una giornata particolarmente ventosa: sono le dune, create dal vento a spese dei granelli di sabbia più fini sottratti alla spiaggia. Anche se lontane dalla battigia, le dune talvolta sono chiamate a contribuire all'equilibrio di tutta la spiaggia: durante mareggiate eccezionali le onde possono giungere fino ai loro piedi e allora questo materiale, magari accumulato per anni, può essere restituito alla spiaggia riducendo i danni nei momenti più critici.

L'intervento dell'uomo

Negli ultimi anni vi è stata la tendenza a demolire le dune per sostituirle con passeggiate e/o strutture balneari, privando così la spiaggia di una difesa ed esponendo questi insediamenti alla costante minaccia dell'erosione. Bisogna infatti ricordare che anche una spiaggia stabile vive in un equilibrio dinamico nel quale arretramenti ad avanzamenti della linea di riva di qualche decina di metri possono aver luogo anche in tempi brevi. Se al posto della duna il mare trova delle costruzioni, siano esse edifici, cabine o muri a difesa di rilevati stradali, l'equilibrio è compromesso e può non ristabilirsi più la situazione iniziale, ma anzi l'onda riflessa sulle pareti rigide contribuisce ulteriormente all'erosione della spiaggia. Una volta saturata di edifici la fascia più vicina al mare, si è originato lo squilibrio della fascia costiera.

Il trasporto litoraneo

Ma da dove viene la sabbia che costituisce le spiagge? Solo in pochi casi e in piccole spiaggette ai piedi delle coste rocciose la sabbia è il prodotto dell'erosione della scogliera; nella maggior parte dei casi la sabbia si è formata assai più lontano, sui versanti dei monti da dove i fiumi e torrenti la trasportano fino al mare. E' qui che le onde del mare li prendono in carico e li trasportano per decine e anche per centinaia di chilometri. Gran parte di questo movimento avviene nella zona dei frangenti, dove l'energia è maggiore. Piano piano un fiume di sabbia si muove spinto dalle onde. Esso rifornisce costantemente le spiagge compensando la perdita di quel materiale che viene disperso negli alti fondali o trasportato dalle onde sulle spiagge vicine. Nel nostro ambito l'andamento prevalente del trasporto marino della sabbia è da ponente a levante.

Il deficit sedimentario

L'intervento dell'uomo, oltre che sulle spiagge, si è anche sviluppato lungo il corso dei fiumi e dei torrenti (tombinature, muri d'argine, ect.) e delle loro foci. I fiumi ed i torrenti non sono così più in grado di far affluire al mare tutta quella quantità di sedimenti che portavano nel passato e sull'entità della quale si era stabilito l'equilibrio delle spiagge; queste hanno dovuto adeguarsi a questa nuova situazione arretrando su quasi tutte le coste italiane. L'intervento dell'uomo ha anche modificato le modalità di ridistribuzione dei sedimenti lungo la costa con la costruzione di opere a mare che bloccano la sabbia in alcuni punti lasciando in deficit le aree sottoflutto (quella a levante). Per contrastare l'arretramento di alcune spiagge sono state costruite poi delle difese che, seppure a scala minore, hanno lo stesso effetto: si tratta dei pennelli trasversali e delle scogliere parallele poste a qualche decina di metri dalla riva. Queste determinano una riduzione dell'energia del moto ondoso nel tratto di mare da esse protetto con la conseguente deposizione della sabbia "in transito". Questi sistemi possono dare qualche risultato localizzato nelle zone dell'intervento, ma causano un'ulteriore riduzione della quantità di sabbia che raggiunge le spiagge sottoflutto. E' per questo che negli ultimi tempi prevale la strategia di proteggere le spiagge dall'erosione non con opere a mare, ma con la tutela ed il rispetto dell'ambiente mare ed eventualmente con parziale ripascimento artificiale effettuato con sedimenti prelevati o nelle cave o nelle foci dei fiumi e dei torrenti.

Il mare qualche cenno sull'acqua di Mare

L'acqua di mare è una complessa soluzione nella quale si trovano in forma dissociata svariati sali. La salinità è una caratteristica peculiare di ciascun tratto di mare e viene influenzata da fenomeni più o meno importanti di evaporazione e dall'entità degli apporti di acqua dolce (fiumi, torrenti, piogge ….). In generale, nel Mediterraneo, tenuto conto della forte evaporazione, la salinità è maggiore di quella di altri mari e varia tra il 37%0 e il 39%0 . I sali presenti in mare sono il cloruro di sodio per il 78% e poi in percentuale decrescenti il cloruro di magnesio, il solfato di magnesio, il solfato di calcio, il solfato di potassio ed il carbonato di calcio. La salinità riveste un ruolo importante nella determinazione dei popolamenti in mare. Gli organismi sono tuttavia influenzati nel loro sviluppo e nella possibilità di nutrirsi e riprodursi da numerosi altri fattori quali temperatura, concentrazione di gas disciolti (e quindi livello di ossigenazione dell'acqua) e grado di ricchezza delle acque, in termini di materia organica disciolta e sospesa come particellato. Poiché tutti gli organismi marini, tranne alcuni tipi di batteri, usano l'ossigeno per respirare, il grado di ossigenazione dell'acqua è di primaria importanza. Le fonti principali dell'ossigeno disciolto in mare sono rappresentate dalla fotosintesi clorofilliana dei vegetali marini (analogamente a quanto avviene per le piante terrestri) e dagli scambi gassosi superficiali tra atmosfera e mare. La concentrazione di ossigeno disciolto in mare e di circa 4,5 - 8 mg/l. Per l'anidride carbonica si hanno valori di 40 - 50 mg/l, in dipendenza dal metabolismo respiratorio degli organismi. In caso di un abbassamento della concentrazione di ossigeno nell'acqua si possono verificare fenomeni di moria degli organismi, primi fra tutti quelli più sensibili alle variazioni di ossigenazione. Ciò può accadere, ad esempio, in presenza di un eccesso di sostanze organica in via di degradazione (es. accumulo di alghe morte). I batteri che operano la demolizione della sostanza organica consumano ossigeno. Tale consumo, se non compensato da un adeguato rinnovo (es. mareggiata che smuove le acque ossigenandole) può dar luogo ad un progressivo impoverimento di ossigeno nell'acqua fino alla completa anossia, determinando repentino peggioramento della qualità dell'acqua di mare. Infatti l'ossigeno depura naturalmente le sostanze organiche inquinanti (scarichi reflui urbani) ossidandole e degradandole ad acqua ed anidride carbonica. Nelle condizioni di anossia prevalgono i batteri che non hanno bisogno di ossigeno per il proprio metabolismo e ciò dà inizio a processi fermentativi con produzione di sostanze tossiche come l'acido solfidrico. Bisogna poi ricordare che il grado di ossigenazione dell'acqua è inversamente proporzionale alla temperatura. A parità di fattori, quindi, acque calde sono meno ossigenate di acque fredde. D'estate è quindi più probabile che si verifichino fenomeni di anossia. Il riscaldamento estivo dell'acqua di mare è inoltre responsabile di un particolare fenomeno, la formazione del termoclino. Si tratta del riscaldamento della fascia d'acqua più superficiale che rimane così nettamente separata dalle acque più profonde e più fredde. Questo comporta l'instaurarsi di una vera e propria barriera termica lungo la colonna d'acqua che impedisce sia la risalita di sostanze nutritizie dal fondo verso la superficie, sia l'ossigenazione degli strati profondi tramite gli apporti dall'atmosfera. ln Mar Ligure ciò ha inizio intorno al mese di marzo e scompare con l'autunno.

Il ciclo dell'evaporazione dell'acqua

L'estate è quindi il periodo più delicato per l'equilibrio dell'ambiente marino costiero. Il Mar Ligure non è particolarmente ricco di nutrienti e viene perciò definito oligotrofico. Se ci si occupa di acque costiere, tuttavia, si può incontrare qualche problema nella gestione del carico di nutrienti provenienti dagli scarichi urbani. Il materiale di scarico fognario, può determinare, una volta in mare, un surplus energetico non immediatamente assimilabile dall'ecosistema marino che lo riceve. Si può inoltre verificare l'apporto di sostanze inquinanti di varia natura derivanti dalle attività industriali e dall'uso massiccio di fertilizzanti in agricoltura. Il censimento e la gestione corretta della rete fognaria, idonei impianti di depurazione, condotte sottomarine di scarico adeguatamente dimensionate, il controllo degli scarichi industriali e ripascimenti delle spiagge effettuati con materiale idoneo che non origini fango sono ormai aspetti irrinunciabili ed improcastinabili. Se a ciò si aggiunge una conformazione naturale e/o artificiale del territorio che favorisce il ristagno delle acque in certi punti ed una situazione idrodinamica che determina l'apporto di materiale pelagico inquinante da altre zone, è verosimile che, specialmente in condizioni di acque calde, l'equilibrio marino subisca delle perturbazioni anche violente. L'alterazione delle buone condizioni dell'ambiente marino, risorsa principe delle popolazioni che vivono sul mare, dovrebbe essere considerata il più grande e temibile pericolo. Chiunque abbia il mare nella propria cultura e tradizione dovrebbe sentire proprie le seguenti linee di comportamento: - limitare al massimo l'apporto diretto ed indiretto di sostanze inquinanti in mare, - favorire iniziative finalizzate al recupero dell'ambiente marino, - operare una personale azione di controllo sul territorio, denunciando qualsiasi riscontrato abuso ai danni del mare. Uno dei più grandi errori che si possono commettere è infatti considerare irrilevante il proprio comportamento personale ai fini della salvaguardia dell'ambiente in generale e dell'ambiente marino in particolare.

Gli Organismi Del Mare

Tutti gli organismi animali e vegetali che popolano il nostro mare costituiscono elemento fondamentale della buona salute dello stesso. Pratiche, purtroppo usuali, di predazione e di distruzione non solo impoveriscono e banalizzano il mare ma determinano squilibrio ambientale con danno evidente anche alla qualità delle acque di balneazione ed alla estensione dei litorali. Questo è dimostrato ad esempio dalle funzioni della Posidonia Oceanica e dagli organismi filtratori.

La Posidonia Oceanica

E' una specie comune dei fondali sabbiosi e pietrosi. Può formare estese praterie dai primi metri di profondità fino a circa 30 metri; in acqua molto limpide si spinge fino a 40 metri. Impropriamente è considerata un'alga, in effetti è una pianta superiore in quanto è costituita da rizomi, foglie, fiori e frutti. Il rizoma, grosso, coperto da residui fogliari è ancorato al substrato, le foglie di colore verde, nastriformi, sono lunghe da 30 a 100 cm e larghe 1 cm a nervature parallele. Fiorisce a settembre - ottobre e produce frutti a marzo - aprile. I frutti per l'aspetto e le dimensioni vengono detti "olive di mare". Più frequentemente si propaga mediante la moltiplicazione dei rizomi. Poiché il rizoma può svilupparsi sia in senso verticale che orizzontale, la pianta può crescere in un senso o nell'altro a secondo dell'ambiente in cui si trova a vivere per sfruttare al massimo lo spazio e la luce disponibili. La crescita orizzontale e verticale, influenzata dal moto ondoso e dalle correnti, permette alla pianta di colonizzare aree vicine. L'intreccio degli strati vecchi e nuovi e del sedimento marino trattenuto al suo interno determina innalzamento del fondo marino di un metro ogni secolo. I residui fogliari si vedono spiaggiati a seguito delle mareggiate. La Posidonia Oceanica ha inoltre grande importanza ambientale grazie all'enorme quantità di ossigeno prodotta (1 mq. di prateria di Posidonia produce 14 litri di ossigeno al giorno). Costituisce quindi un notevole serbatoio di energia e contribuisce a migliorare la qualità dell'acqua marina. Sulle foglie e sui rizomi di Posidonia vivono organismi incrostanti, alghe, che si sviluppano soprattutto nella stagione estiva, spugne, briozoi, idrozoi, ect.; tra i rizomi trovano cibo e riparo molte specie di molluschi, crostacei, pesci, ecc. Poiché le praterie di Posidonia costituiscono per molti organismi una rete complessa di relazioni trofiche, si può considerare che costituiscano un ecosistema. Purtroppo nella fascia costiera che maggiormente risente dell'azione umana l'ecosistema Posidonia è generalmente in regressione e soprattutto le discariche a mare di materiali di scavo soffocano e distruggono le praterie di Posidonia con cui vengono a contatto. La Posidonia Oceanica oltre ad accrescere il fondale di un metro al secolo (un centimetro all'anno!) a migliorare la qualità delle acque marine (14 litri di ossigeno prodotti ogni giorno da un metro quadrato di prateria) grazie all'azione frenante delle foglie riduce l'azione del moto ondoso sul fondale contrastando la tendenza erosiva dei litorali.

Gli Organismi Filtratori

Uno dei più noti è il mitilo, mollusco bivalve filtratore che risponde al nome scientifico di Mytilus Galloprovincialis. Esso vive specialmente nelle acque del litorale e dell'alto sublitorale anche se a volte lo si è trovato in acque più profonde. Prospera dove vi sia un buon idrodinamismo e colonizza un'ampia varietà di substrati: rocce, singole pietre, conchiglie, agglomerati sabbiosi, scafi di imbarcazioni, relitti, ect. Oltre ad essere un animale tipico dei nostri mari, e quindi perfettamente adattato alle nostre condizioni ambientali, il mitilo è un organismo particolarmente tollerante nei confronti di alti livelli di sostanze inquinanti. Cresce bene anche in ambienti compromessi e contribuisce a sottrarre le sostanze nocive dall'acqua trattenendole nei propri tessuti. Uno dei fattori che più sembra influenzarne l'accrescimento è la temperatura. Tale influenza si esprime in termini di variazione nella velocità di pompaggio dell'acqua. Il genere il Mytilus presenta un optimum tra i 10 e i 20 °C.

Il Mitilo: Un Organismo Filtratore

La filtrazione è un adattamento che permette agli animali di nutrirsi delle microscopiche particelle di cibo che non possono essere percepite e catturate singolarmente. Tale particellato è costituito principalmente da fitoplancton, cioè dall'insieme di organismi microscopici vegetali che fluttuano nelle acque trasportati dalle correnti. Gli organismi filtratori pompano l'acqua di mare attraverso le branchie, speciali filtri che trattengono il materiale sospeso e ciò avviene del tutto indipendentemente dal valore nutritivo o meno di tale materiale. La concentrazione di particelle alimentari sospese in ambiente acquatico è piuttosto bassa, dell'ordine di 1 mg o meno per litro di acqua. Gli organismi filtratori devono perciò trattare grandi quantità di acqua per assicurarsi un buon approvvigionamento di cibo. Se il mitilo potesse scegliere il proprio cibo, tratterebbe dall'acqua le microscopiche alghe di cui in effetti si nutre e scarterebbe tutto il resto. In realtà, e per nostra fortuna, il mitilo filtra l'acqua nel suo complesso e trattiene gran parte del materiale che in esso trova, compresi i batteri patogeni, i metalli pesanti, gli idrocarburi, ect.. Un esemplare adulto di mitilo filtra in media 10 - 15 litri di acqua all'ora. Questo valore varia a seconda delle condizioni di temperatura, salinità, torpidità dell'acqua ect. comunque mediamente esso è in grado di concentrare nelle proprie carni da 100 a 200 volte i microrganismi e le particelle tossiche presenti nell'acqua (tre mitili adulti filtrano un metro cubo di acqua al giorno !). Oltre ai mitili il nostro mare ospita molti altri organismi filtratori, che si nutrono cioè delle particelle di cibo sospese nell'acqua. Ricordiamo qui le specie più comuni appartenenti ai gruppi di maggiore importanza.

Molluschi Bivalvi

vi appartengono gli stessi mitili. Sono molluschi con conchiglia in genere robusta, formata da due pezzi detti "valve" ripiegate ad astuccio ed unite tra loro da un legamento in corrispondenza dell'apice. Le due valve possono essere uguali tra loro o completamente diverse ed avere contorno regolare (rotondo, ovale, ecc.) o irregolare. La chiusura delle valve avviene mediante due muscoli adduttori che sono in grado di sviluppare una notevole forza, l'apertura è invece passiva e dipende dal rilassamento dei muscoli stessi. Il corpo molle, compresso lateralmente è avvolto da un mantello i cui bordi esterni formano due sifoni che permettono l'entrata dell'acqua nella cavità del corpo. Centralmente è presente un piede che permette la locomozione e la fissazione al substrato mediante filamenti elastici (bissi). La gran parte vive infossata nei sedimenti, ma molte sono le specie legate ai substrati duri. - Ostrea edulis (Ostrica): vive da pochi cm di profondità fino ad oltre 40 m, sia su substrati rocciosi sia su fondali ciottolosi o sabbiosi. Comune da 6 a 9 cm, può raggiungere i 20 cm. - Pinna nobilis (Pinna comune, Nacchera): vive a partire da 3 m di profondità, i suoi ambienti più tipici sono le praterie di Posidonia e le secche rocciose intercalate da distese sabbiose. Parzialmente affondata nel suolo si ancora saldamente mediante i filamenti di bisso. - Venus verrucosa (Tartufo di mare): specie commestibile un tempo molto comune sui nostri fondali, ora abbastanza rara per la pesca indiscriminata. - Pecten e Chlamys (Pettini, Cappesante): hanno conchiglia asimmetrica e sono tra i pochi bivalvi in grado di nuotare anche per alcuni metri mediante l'apertura delle valve e la loro successiva brusca chiusura con emissione violenta dell'acqua dalla cavità del corpo. - Cardium (Cuore di Mare): tipica specie del nostro mare, ha la conchiglia robusta e tondeggiante con strie radiali ben sviluppate e colorate. Vive per lo più infossata in fondi sabbiosi. - Pteria hirundo (Ostrica alata, Avicula): conchiglia con valve diseguali che presenta due espansioni laterali ai lati della cerniera e, per questo, viene definita alata. Vive su vari fondi duri da 15 - 20 metri a oltre 100 metri di profondità. Spesso si trova fissata sulle gorgonie.

Tunicati Ascidiacei (Ascidie)

piccoli animali, dal corpo a forma di sacco, coloniali e non, che derivano il proprio nome dalla presenza di un particolare involucro protettivo, detto "tunica", che avvolge tutto il corpo. La tunica può essere sottile e morbida come gelatina o di consistenza coriacea-cartilaginea. Nella zona di contatto tra l'animale ed il substrato, la tunica forma false radici o stoloni che assicurano il fissaggio al fondo. Il corpo è racchiuso dentro un sacco muscoloso che presenta due orifizi detti sifoni. Dentro il sacco sono sospese le branchie e l'intestino a forma di "U". Sono ermafroditi e, oltre alla riproduzione sessuale, si possono moltiplicare per gemmazione. Vivono su tutti i tipi di fondali duri a profondità variabili, di solito su fondali misti di roccia ed alga, ma anche su fondali sabbiosi. - Clavelina lepadiformis (Clavelina): si presenta con colonie appiatite, costituite da un numero più o meno grande di elementi collegati tra loro solo alla base. I singoli individui hanno forma a clava con un lungo peduncolo e sono costellati di grosse aperture corrispondenti ai sifoni esalanti, circondati da aperture più piccole corrispondenti ai sifoni inalanti. Sono trasparenti con tratto branchiale bianco o giallo. Fino a 6 cm di lunghezza. Vive in prevalenza sulle rocce e sulla parte inferiore dei gavitelli, ma anche fino a 50 m di profondità. - Halocynthia papillosa (Patata di mare): ha il corpo cilindrico a botticella con sifone inalante terminale e l'esalante laterale, entrambi ben visibili e muniti di un collaretto di setole rigide attorno all'apertura. Quando sono chiusi l'imboccatura presenta una forma a croce. La tunica è coriacea, molto resistente e ruvida al tatto. La colorazione è generalmente rossa, ma la tonalità del colore dipende dall'intensità dell'illuminazione. Dove questa è scarsa o sul lato dell'animale meno esposto alla luce diventa giallastra o bianca. Comunissima su fondali rocciosi da 10 a 100 m di profondità. - Phallusia mamillata (Pigna di mare): ha il corpo a forma di uovo, allargato nella parte inferiore, dove si attacca al substrato. Esternamente sono presenti grossi tubercoli arrotondati e disposti irregolarmente su tutta la superficie (come una pigna). Sifone inalante disposto superiormente e quello esalante lateralmente. Colore bianco - latteo con riflessi azzurrognoli. Può raggiungere 10 - 15 cm di lunghezza. Molto comune su fondi sabbiosi, nelle praterie di Posidonia, da pochi metri a 150 m di profondità. - Microcosmus sulcatus (Limone di mare): corpo massiccio fissato al fondo mediante robusti filamenti che si dipartono dalla sua parte ventrale. Dotato di una tunica spessa e coriacea, presenta rughe e solchi molto netti che costituiscono un ottimo substrato per molti organismi incrostanti. Il sifone boccale è molto sviluppato e appare visibile anche quando l'animale è contratto. Di coloro bruno - grigiastro con sfumature rossastre. I sifoni sono internamente striati con bande violette chiare e scure. Raggiunge i 20 - 22 cm di lunghezza. E' una specie commestibile. Vive sui fondali rocciosi o detritici e tra le praterie di Posidonia, da pochi metri fino a 200 m di profondità. Talvolta è talmente ricoperto da altri organismi animali e vegetali da essere irriconoscibile. - Ciona intestinalis (Ascidia lunga): corpo cilindrico costituito da una tunica spesa, di consistenza gelatinosa e fortemente contrattile. Il sifone boccale è più lungo e terminale mentre quello cloacale è più breve e laterale. Le branchie sono molto sviluppate ed occupano gran parte del corpo dell'ascidia. L'animale è fissato al substrato mediante corte radichette. Il colore è per lo più biancastro traslucido o giallo - verdastro. Può presentare macchie rosse sui sifoni o strie arancioni lungo il corpo. Raggiunge i 20 cm di lunghezza e vive su fondi duri dalla superficie fino a 500 m, ed anche in zone portuali.Infine si ricorda che esiste una normativa precisa che vieta la raccolta non autorizzata dei frutti di mare per il consumo e l'Ordinanza della Capitaneria di Porto di Genova n° 368 del 14 dicembre 1998 limita per i pescasportivi la raccolta dei mitili nella quantità giornaliera di 3 Kg a persona. Detti molluschi, che non possono essere commerciati, devono inoltre avere lunghezza non inferiore a cinque centimetri.

Forse non tutti sanno che...

Che l'acqua dei nostri acquedotti è classificata di durezza dolce. La durezza dell'acqua, espressa in gradi francesi °F, esprime il contenuto dei sali di calcio e magnesio presenti nell'acqua potabile secondo la seguente classificazione: acqua DOLCE ? durezza = 0 - 15 °F acqua MEDIA ? durezza = 15 - 25 °F acqua DURA ? durezza = oltre 25 °F Avere l'acqua potabile dolce è importante perché nelle nostre lavatrici si deposita meno calcare e le stesse avranno durata maggiore ma soprattutto perché occorre meno quantità di detersivo. Su quasi tutte le confezioni di detersivo sono indicate le dosi da utilizzare in riferimento al grado di durezza dell'acqua: per le acque dolci un misurino di detersivo, per quelle medie due misurini e per quelle dure tre. Usare dosi di sapone e di detersivo (prodotti che appartengono alla categoria dei tensioattivi) superiori a quelle necessarie determina un bucato più pulito? Senz'altro no! Le dosi in eccesso restano nei tessuti, determinando irritazioni della nostra pelle e costituiscono uno dei parametri più inquinanti delle nostre acque reflue di scarico. L'eccesso dei tensioattivi nelle acque reflue determina incrostazioni nelle reti fognarie, con conseguente diminuzione delle portate fino all'occlusione delle stesse (ecco perché le reti fognarie necessitano di frequenti interventi di manutenzione). L'azione nociva dei tensioattivi si sviluppa poi a livello di schiumeggiamento con riduzione dello scambio superficiale ossigeno - acqua; emulsionamento e dispersione di solidi e liquidi che altrimenti sarebbero sedimentati; impoverimento della presenza dell'ossigeno e quindi rallentamento dei processi di degradazione biologica degli inquinanti organici. Infine i tensioattivi sono potenti batteriostatici in grado di arrestare i processi autodepurativi. Quindi, per lavare meglio e per non inquinare usiamo detersivi nelle dosi consigliate e, nel dubbio, un po' di meno.